Nostalgia dei comunisti.

(Giorgio Gaber – Qualcuno era comunista)

Bei tempi, quando c’erano i comunisti! Avevano una faccia, nome e cognome, quei poveri coglioni, convinti che nel migliore dei mondi possibili il barbiere non fosse proprietario nemmeno delle forbici e del rasoio, “capitale” destinato a produrre reddito! Leonardo Sciascia, nel racconto “La morte di Stalin”, poteva irridere la cieca fede del calzolaio siciliano Calogero Schirò, irremovibile anche dal rapporto del compagno Kruscev sugli “errori” (orrori) dello stalinismo. E Giorgio Gaber, amato e prontamente ripudiato dall’intellighenzia, conosceva bene “qualcuno che era comunista”. Oggi, abilmente mimetizzati, come un tumore silenziosamente infestano di metastasi società, politica, cultura e coscienze. Moltissimi sono complici inconsapevoli, molti lo sanno, ma preferiscono (magari costretti) barattare la torta della libertà con qualche briciola di pubblico sussidio o di stipendio; pochi lo sanno benissimo, perché dividono la torta:  tutti costoro sono gli statalisti. Più pochi ancora combattono con una pacifica e disperata guerra: i libertari.

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